Come nasce l’interesse per il design?

Fin da piccolo, come molti della mia generazione, ero attratto dal design delle auto, delle moto, degli aerei… Gli anni ’60 e ’70 hanno segnato l’immaginario e prodotto delle autentiche icone, ancora adesso celebrate. Più avanti ho scoperto che il design mi avvicinava a quello che si può considerare un approccio per approfondire la conoscenza dell’uomo: alcuni oggetti raccontano la sua storia, dettano il costume e declinano i sogni. Alcuni oggetti travalicano il senso utilitaristico, funzionale o estetico, divenendo specchio di un’epoca, in cui l’uomo è l’elemento centrale con tutte le sue emozioni, aspirazioni, relazioni. 

Quali sono stati i suoi maestri?

Tanti i nomi che mi hanno aiutato ad amare questa professione, tra questi voglio ricordare Raimond Loewy, designer franco-americano che ha dettato l’evoluzione dei prodotti made in U.S.A., Tapio Wirkala, maestro finlandese che trae la sua poetica dalle forme della natura, e il nostro Giorgetto Giugiaro, testimone di un design italiano divenuto riconoscibile internazionalmente. Dovrei ricordare anche alcuni architetti, il cui insegnamento invita a riconsiderare gli spazi e le nostre abitudini ad abitarli, come Mies van Der Rohe e Frank Lloyd Wright, diversissimi per concezione progettuale ma egualmente significativi nell’evoluzione del concetto spaziale.

In questi quarant’anni di professione come è cambiato il mondo del product design?

Sono nato con la matite e il tecnigrafo e oggi si progetta in realtà virtuale aumentata. In questi quarant’anni si è assistito a un’accelerazione dello sviluppo culturale, tecnologico e scientifico senza precedenti. La mia è una generazione che ha vissuto un momento di transizione unico, da una realtà materialmente tangibile a una in cui le esistenze fluttuano senza distinzione, fluide, tra il mondo fisico e quello digitale. Oggi gli oggetti sono solo un contorno, il vero obiettivo del design è creare un’esperienza di vita, strumenti per arricchire la nostra quotidianità in bilico tra illusione e realtà. 

Qual è ruolo dello studio BCF design in relazione al mondo delle imprese?

L’obiettivo è quello di creare una narrazione fatta di prodotti che raccontano e si relazionano con il pubblico. Tramite questi racconti l’impresa misura la propria attitudine a essere protagonista del proprio tempo. È un lavoro complesso che necessita di un approccio progettuale integrato capace di contestualizzare al meglio i prodotti per valorizzarne il carattere intrinseco.

Le sfide di domani e di BCF design

La sfida è chiara: il design deve divenire baluardo dell’esperienza umana. con tutte le sue sensibilità e fragilità. “Human Attitude, Italian Style”, per citare il motto dello studio, e chiarire che il design vive  di emozioni, ricordi, esperienza e relazioni. In un mondo sempre più vincolato ad algidi algoritmi, la differenza la farà il design.